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Ma si deve accettare senza discussioni che gli Ordini siano Associazioni di imprese e che i professionisti ad essi iscritti siano imprenditori? Le riflessioni del presidente CAO Pescara dott. Del Fra’
[lunedì 23 settembre 2013]

Si susseguono ormai a ritmo sempre più accelerato iniziative di Organi dello Stato come AGCM o Governo che hanno per comune denominatore il concetto che i liberi professionisti siano imprese e gli Ordini, cui essi sono obbligatoriamente iscritti, Associazioni di imprese.

 Il Governo infatti equipara i medici alle imprese assoggettandoli all’obbligo di iscrizione al Registro Sistri per i produttori di rifiuti pericolosi.

L’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, nella riunione del 3 settembre 2013, ha deciso di avviare un’istruttoria per verificare se la Federazione Nazionale Medici e Odontoiatri (FNOMCeO), attraverso le norme del Codice deontologico e le linee guida applicative, abbia ingiustificatamente limitato il ricorso alla pubblicità da parte dei singoli professionisti e delle reti di studi odontoiatrici, in violazione delle norme comunitarie in materia di intese restrittive della concorrenza.

L’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, meglio nota come Antitrust, è stata istituita in Italia nel 1990. E’ un’istituzione indipendente, che prende le sue decisioni senza possibilità di ingerenze da parte del Governo né di altri organi della rappresentanza politica. L’Autorità garantisce il rispetto delle regole che vietano le intese anticoncorrenziali tra imprese, gli abusi di posizione dominante e le concentrazioni in grado di creare o rafforzare posizioni dominanti dannose per la concorrenza, con l’obiettivo di migliorare il benessere dei cittadini. Secondo l’Antitrust le norme sulla pubblicità contenute nel Codice Deontologico e le linee guida emanate dalla Fnomceo, il cui mancato rispetto sottopone i singoli professionisti al rischio di procedimenti disciplinari, potrebbero limitare ingiustificatamente il ricorso alla pubblicità da parte dei medici.

Ma si deve accettare senza discussioni che gli Ordini siano Associazioni di imprese e che i professionisti ad essi iscritti siano imprenditori?

Gli ordini professionali sono enti di diritto pubblico col compito precipuo di tutela dei cittadini riguardo a prestazioni professionali che, essendo di tipo intellettuale, non sono sempre valutabili secondo standard normativi rigorosi. Hanno il compito di garantire la qualità delle prestazioni erogate e la congruità degli onorari applicati. Gli iscritti devono sottoscrivere un codice deontologico e trovano nell'ordine un punto di riferimento per quanto riguarda le possibilità di formazione e aggiornamento. Gli enti pubblici devono svolgere una funzione di pubblico interesse e sono dotati delle prerogative di “Autogoverno, Autotutela ed Autonomia” L'Autogoverno è definito come la facoltà di alcuni degli enti pubblici di amministrarsi per mezzo di organi i cui membri sono eletti da coloro che ne fanno parte. Il cittadino è il principale portatore di interessi legittimi rispetto alle finalità perseguite dagli enti pubblici

La funzione di autogoverno di un ordine si esprime in adempimenti quali:

• il governo deontologico della professione riguardo a comportamenti censurabili del professionista che non rientrano nella legge ordinaria, nei quali casi possono essere disposte sanzioni proprie, o sussidiarie, come l’ammonimento, la sospensione e la radiazione;

• la tenuta e revisione dell’Albo degli iscritti;

• la tutela delle funzioni proprie della professione, attraverso la segnalazione di abusi alla magistratura, ai sensi dell'art. 348 c.p.;

• la partecipazione alle Commissioni di esame di Stato per l'abilitazione di un aspirante all'iscrizione;

• l'espressione di pareri su materie che riguardano la categoria nei confronti di Enti e Istituzioni pubbliche;

• gli atti di profilo amministrativo come il visto di congruità su fatture rilasciate dal professionista a clienti, e non pagate. La fattura diviene in tale circostanza un “titolo esecutivo” suscettibile di esazione anche coattiva.

Il potere di Autotutela è garantito a ogni Ente Pubblico o a ogni altro organo stabilito dalla legge in ordine alla possibilità di risolvere un conflitto di interessi attuale o potenziale e, in particolare, di sindacare la validità dei propri atti producendo effetti incidenti sugli stessi, nell'ambito di tutela dell'interesse pubblico.

L'Autonomia è la capacità degli enti di emanare provvedimenti che hanno valore sul piano dell'ordinamento generale, alla stessa stregua di quelli dello Stato, impugnabili davanti al giudice amministrativo.

Quindi gli Ordini sono Enti Pubblici che perseguono pubblici interessi, non quelli economici dei propri iscritti.

L’art.21 della Legge istitutiva dell’AGCM dispone : “L’Autorità promuove la concorrenza anche utilizzando i propri poteri di segnalazione nei confronti di Governo, Parlamento e amministrazioni pubbliche nei casi in cui provvedimenti normativi  siano tali da introdurre restrizioni. L'Autorità segnala le situazioni distorsive derivanti da provvedimenti legislativi al Parlamento e al Presidente del Consiglio dei Ministri e, negli altri casi, al Presidente del Consiglio dei Ministri, ai Ministri competenti e agli enti locali e territoriali interessati.” Perciò appare inappropriata l’apertura di un’istruttoria verso la FNOMCeO, al più si sarebbe dovuto procedere con la segnalazione ex art. 21 Legge 289/90

Ma, al di là della correttezza o meno di un’istruttoria invece che una segnalazione per le norme dettate da un Ente Pubblico come la FNOMCeO, le norme deontologiche che, secondo l’Antitrust, limiterebbero la concorrenza tra i professionisti non rispondono forse a esigenze di interesse generale, investendo il campo della Salute e la sicurezza dei cittadini?

Inoltre anche la Corte europea di Giustizia, nella  Sentenza del 19/02/2002- Causa C-309/99 (Sentenza Wouters) , conferma che un Ordine, che non svolge attività economica, non deve essere considerato come Associazione di imprese.

La corretta applicazione dell’art. 56 del nostro Codice Deontologico, la cui verifica anche la Cassazione ha stabilito, in recenti pronunciamenti, essere una funzione istituzionale propria degli Ordini, non può costituire attività di tipo economico. Una volta stabilito che Ordini come i nostri non perseguono finalità economiche resta da capire se dei professionisti iscritti ad un Ordine, esercenti una Professione intellettuale, possano essere considerati “imprese”.

Forse un po’ di confusione nasce dalla traduzione dall’inglese del termine “professional” usato in atti e direttive comunitari . Nell'inglese tecnico-commerciale, con il termine professional, che è spesso tradotto malamente (anche dalle leggi italiane) in “professionista”, s'intende "in ambito di impresa o di lavoro autonomo”.

Un libero professionista è un imprenditore? I liberi professionisti e gli artisti non sono considerati imprenditori nell'ordinamento giuridico italiano in quanto non assumono il rischio del lavoro nell'esercizio della propria attività professionale. Nell'articolo 2230 del codice civile e negli articoli successivi il legislatore disciplina il contratto d'opera intellettuale che qualifica l'obbligazione del libero professionista come una obbligazione di mezzi e non come una obbligazione di risultato. In altri termini il libero professionista ha diritto al proprio compenso per aver prestato la propria opera, indipendentemente dall'esito del risultato e del buon fine dell'opera stessa. Di fatto, il rischio economico grava interamente sull'altra parte del rapporto giuridico. Non essendo presente un rischio d'impresa, i liberi professionisti non sono considerati imprenditori quando esplicano la propria professione intellettuale. Il legislatore esclude lo status di imprenditori per i liberi professionisti, gli artisti e gli inventori. I liberi professionisti sono parificati alle imprese soltanto quando l'esercizio della professione è un elemento di un'attività organizzata in forma d'imprese (es. medico titolare della casa di cura in cui opera, attore titolare del teatro in cui recita, ecc.). In tali casi il libero professionista acquista la qualità di imprenditore in quanto prevale il carattere dell'organizzazione del capitale e del lavoro altrui sulla prestazione di lavoro intellettuale del libero professionista. A riguardo il legislatore italiano si è espresso nell'articolo 2238 del codice civile.

Il Libero Professionista non è dunque un imprenditore ma un soggetto che esercita un'attività professionale in modo indipendente.

Da un punto di vista prettamente giuridico, l'elemento distintivo tra le due figure è l'organizzazione: "è imprenditore chi esercita professionalmente una attività economica organizzata al fine della produzione o dello scambio di beni o di servizi" (art. 2082 c.c.) mentre il libero professionista si caratterizza per una prevalenza del suo lavoro rispetto al capitale (inteso, appunto, come "organizzazione").

La scelta tra le due diverse forme giuridiche assume una certa rilevanza anche dal punto di vista della tassazione e dei contributi previdenziali, diversamente stabiliti per gli imprenditori rispetto ai liberi professionisti

I liberi professionisti non sono mai imprenditori in quanto tali, per una precisa scelta legislativa. Questo è vero anche se si avvalgono di ingenti organizzazioni di subordinati e mezzi, purché si limitino allo svolgimento della propria attività.

Alla luce dei riferimenti di legge sopra citati occorrerà ribadire in ogni tavolo di discussione e confronto che i liberi professionisti non sono imprese né gli Ordini dei Medici e degli Odontoiatri Associazioni imprenditoriali poiché Enti Pubblici che non perseguono finalità economiche ma solo quelle istituzionali stabilite per Legge.

Gianni Del Fra, presidente CAO Pescara


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