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Si può parlare di programmazione e priorità politiche per la salute orale? Un interessante commento ad un articolo dell’International Dental Journal sul tema
[mercoledì 21 dicembre 2011]

Solitamente "copiamo" gli articoli di altri, se interessentai li proponiamo nella ribrica “Le notizie degli altri”. In questo ultimo pezzo del 2011volgiamo fare un’eccezione anche perchè il tema si presta al clima natalizio ed alla speranza, mai sopita ma sempre più lontana, di un mondo giusto.

L’articolo in questione è pubblicato su Salutenternazionale.info e scritto da Guido Benedetti, un odontoiatria dell’Osservatorio italiano salute globale: vi consigliamo di leggerlo.

Per stimolarvi vi proponiamo l’incipit.

Le cause dell’international neglect  della salute orale sono analizzate secondo la lente delle quattro aree del potere politico.

Che la salute orale sia una priorità dimenticata lo dicono in tanti, recentemente anche Lancet[1]. Tuttavia questo sembra non preoccupare eccessivamente professionisti, accademie, istituzioni e organizzazioni internazionali. La salute orale non fa eccezione alla tendenza che non sempre vede priorità politiche e di salute pubblica procedere di pari passo; si pensi alla cruda dissonanza che esiste tra i Global Funds per specifiche malattie e quel “genocidio” di circa 8 milioni di bambini sotto i 5 anni che ogni anno si compie per lo più in Africa a causa di diarrea, infezioni respiratorie, malnutrizione e infezioni legate al parto.

Detto questo, a maggior ragione, sembrerebbe quasi offensivo parlare di salute orale; ma tutto dipende da che cosa intendiamo per salute orale e da come la misuriamo. Secondo quanto ci dice l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), salute orale significa assenza di dolori cronici alla bocca e al volto, di neoplasie del cavo orale o della gola, di difetti congeniti, di malattia parodontale, carie ed edentulia.

Salute orale non vuol dire ciò cui siamo abituati a pensare (sbiancamenti, impianti dentali come se piovesse o denti “dritti”) o almeno non possiamo permetterci di intenderla così finché, tanto per dire:

- metà delle carie presenti nei paesi ad alto reddito resteranno senza trattamento alcuno (il 98% nei paesi a basso reddito);

- continueremo a puntare tutto sui trattamenti dentali (le otturazioni, per intenderci) che negli ultimi 40 anni hanno contribuito solo per il 3% della riduzione della patologia cariosa nei ragazzi di dodici anni che vivono nei paesi ad alto reddito;

- il mal di denti resterà la prima causa di assenteismo scolastico nelle Filippine o, come nel 2000, si perderanno 51 milioni di ore di scuola per lo stesso motivo negli Stati Uniti.

Da questi presupposti si muove un articolo recentemente pubblicato sull’International Dental Journal, “Political priority of global oral health: an analysis of reasons for international neglect”


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