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Pubblicità sanitaria: le società sono equiparare ai liberi professionisti, lo stabilisce la Cassazione
[venerdì 9 marzo 2012]

Con la sentenza n. 3717 depositata in data odierna la Corte di Cassazione ha deciso su un “famoso caso” che aveva visto l’Ordine di La Spezia sospendere per 6 mesi il direttore sanitario di una struttura Vitaldent applicando la legge 175/92 e la CCEPS applicare la medesima sanzione riducendola a 5 mesi.

“La Cassazione fa finalmente chiarezza sull’applicabilità del Decreto Bersani anche alle strutture sanitarie gestite da società”, commenta l’avv. Silvia Stefanelli che ha seguito per Vitaldent fin dall’inizio la questione. “La Cassazione –continua l’esperto di diritto sanitario- richiamando peraltro la posizione già assunta dal TAR Emilia Romagna con la sentenza 16/2010 e discostandosi dalla posizione assunta dal Ministero della Salute nella famosa nota “Leonardi” del 2008 che faceva distinzione tra società e professionisti, ha stabilito che il Decreto Bersani  (che ha come obiettivo quello di agevolare la concorrenza nel settore professionale) deve trovare applicazione anche per le strutture sanitarie gestite da società”.

Queste le motivazioni in forza delle quali i giudici hanno deciso che non può più applicarsi la legge 175/92 neppure alle società:

•  la stretta derivazione comunitaria del c.d. Decreto Bersani confermata da interventi legislativi nella stessa direzione, volti a garantire la libertà di concorrenza, secondo condizioni di pari opportunità e il corretto ed uniforme funzionamento del mercato;

• il suo inserimento in un sistema organico, nel quale l’abrogazione delle norme restrittive della pubblicità e l’affidamento agli ordini professionali del controllo, della libera pubblicità, ai fini disciplinari, sotto il profilo della trasparenza e veridicità (Cass Sez un 18 novembre 2010 n. 23287, in motivazione) si coniuga con i poteri inibitori e sanzionatori attribuiti all’AGCM attivabili anche dal professionista e dal consumatore non esclusi gli ordini professionali;

• la mancanza delle disposizioni legislative di qualunque distinguo in ordine ai soggetti che tale pubblicità effettuano;

• l’evidente irragionevolezza di sottrarre alla nuova disciplina la pubblicità posta in essere da soggetti diversi dal singolo professionista e cioè proprio quei soggetti (sia che si tratti dell’esercizio della professione in forma societaria, quando e nelle forme consentite, e dell’esercizio dell’attività professionale all’interno dell’organizzazione di un’impresa dei servizi sanitaria, nella forma della società di capitali) che più dei singoli professionisti ricorrono a forme di pubblicità;

“Tutte queste ragioni –sentenzia la Cassazione- impediscono di ritenere che l’abrogazione – di cui nessuno dubita – della legge del 1992 disposta dal c.d. Decreto Bersani, abbia portata limitata e, in particolare, rispetto alla fattispecie, non si riferisca alle società di capitali.”

“Quindi totale equiparazione oggi tra professionisti e società sotto il profilo pubblicitario e nuova spinta per la concorrenza, sempre all’interno dei canoni di trasparenza e veridicità”, conclude l’avv. Stefanelli. “Peraltro chi ha cercato di sostenere la tesi contraria cercando quindi di boicottare l’erogazione tramite le società di informazione pubblicitaria non può più, oggi, vantare argomenti giuridici in tal senso”.

 


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