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La CCEPS deve valutare il messaggio tecnico scientifico divulgato dall’iscritto tramite stampa e non solo questioni deontologiche
[giovedì 12 aprile 2012]

Affermare che la propria tecnica implantologica può risolvere il problema definitivamente o che l’innovazione tecnologica utilizzata abbatte i tempi di guarigione in un articolo può essere motivo di sanzione disciplinare se queste non sono supportate da una fondatezza scientifica. A decidere la validità tecnico scientifica del messaggio sarà la Commissione centrale degli esercenti delle professioni sanitarie se l’iscritto sanzionato farà ricorso.

A sancirlo è la Corte di Cassazione (sentenza 17417/11) chiamata a giudicare il caso di un dentista che nel 2008 aveva pubblicato su di un giornale locale una serie di articoli riguardanti la propria attività professionale ed in particolare sui tempi dell’implantologia e le innovazioni connesse a questa branca dell’odontoiatria.

A seguito di questi articoli il dentista venne convocato per una audizione preliminare dal suo presidente della Commissione Albo Odontoiatri avviando il procedimento disciplinare con l’addebito di presunta violazione delle norme riguardanti la veridicità e la trasparenza, giudicando di fatto le affermazioni tecnico scientifiche fatte dal dentista, e pubblicate, inesatte.

Commissione che ritenne di comminare all’iscritto la sanzione disciplinare della censura.

Iscritto che ricorre contro la decisione alla CCEPS che respinge il ricorso in quanto, a suo parere, valutare i casi dal punto di vista medico scientifico e non solo deontologico, non rientra tra le sue competenze.

Di parere diverso la Cassazione che ritiene che “rientra nelle attribuzioni della Commissione centrale per gli esercenti le professioni sanitarie, in quanto organo giurisdizionale speciale, il sindacato su valutazioni di carattere tecnico/specialistico formulate dall’organo disciplinare di prima istanza”. E questo, motiva la Corte, anche per evitare che “le valutazioni espresse in ambito amministrativo sulla veridicità scientifica  sulla trasparenza dell’informazione, ancorché integranti i presupposti dell’illecito disciplinare, non potrebbero, nel merito, essere più poste in discussione”.


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