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L’assistente fa l’igienista, il dentista che lo tollera non è punibile; lo dice la Cassazione. Fa capolino anche in odontoiatria la giustificazione: “a sua insaputa”
[lunedì 24 settembre 2012]

“Risponde del delitto di esercizio abusivo della professione, a titolo di concorso, chiunque agevoli o favorisca lo svolgimento da parte di una persona non autorizzata di un’attività professionale per la quale sia richiesta una abilitazione speciale, ma ciò non consente di ritenere che possa essere punito per una forma di responsabilità concorsuale anche la condotta di mera connivenza o tolleranza”.

A sostenerlo la Corte di Cassazione con la sentenza numero 19544 chiamata a giudicare il ricorso di un odontoiatria ritenuto colpevole del reato di concorso in esercizio abusivo (sia dal Tribunale di Siracusa che dalla Corte di appello di Catania) per aver consentito alla sua assistente (dipendente) di effettuare un intervento di igiene dentale su di una paziente senza averne i titoli per farlo.

Il ricorso del dentista si basa sul fatto che la responsabilità dell’odontoiatra non poteva essere affermata in base al mero inadempimento dell'obbligo di impedire la condotta dell'assistente, occorrendo l'effettiva conoscenza di quanto quest'ultima stava facendo, circostanza che avrebbe consentito di valutare anche l'elemento soggettivo del dolo, che invece i giudici di merito non hanno neppure preso in esame.

In altre parole il dentista ha sostenuto che non sapeva cosa stesse facendo la sua assistente.

E la Corte di Cassazione gli dà ragione ritenendo fondato il motivo del ricorso in cui veniva contestata la responsabilità concorsuale nel reato di esercizio abusivo della professione. Secondo la sentenza la responsabilità dell’odontoiatra “scaturisce da una sua posizione di garanzia in quanto titolare dello studio e va ravvisata anche nella semplice ipotesi di connivenza o tolleranza delle iniziative assunte dalla sua dipendente che, in mancanza del diploma di igienista dentale, ha eseguito l'intervento di rimozione del tartaro”. “Invero –continua la sentenza- la giurisprudenza di questa Corte ritiene che possa rispondere del delitto di esercizio abusivo di una professione, a titolo di concorso, chiunque agevoli o favorisca lo svolgimento da parte di una persona non autorizzata di un'attività professionale per la quale sia richiesta una abilitazione speciale (Sez. VI, 9 aprile 2009, n. 17893, Zuccarelli), ma ciò non consente di ritenere che possa essere punita per una forma di responsabilità concorsuale anche la condotta di mera connivenza o tolleranza”.

“Perché vi sia concorso –motiva la Corte- è comunque necessario che sia dimostrato il contributo personale del concorrente alla realizzazione del reato, il che nella specie non è stato fatto. La Corte territoriale per sostenere la tesi del concorso ha fatto ricorso ad un giudizio di verosimiglianza, ritenendo possibile che l'imputato abbia incaricato la sua assistente di eseguire l'intervento ovvero che abbia tollerato che la stessa ponesse in atto l'intervento per cui non era abilitata. Tuttavia, è evidente che si tratta di una motivazione che non è fondata su elementi di prova, né su indizi che abbiano consistenza di gravità, precisione e concordanza”.

“D'altra parte –continua la sentenza- anche il riferimento alla figura della posizione di garanzia appare fuorviante, perché il reato di cui all'art. 348 c.p. non è reato di evento e di conseguenza il titolare dello studio non può essere tenuto ad impedire un evento che non c’è.

“Per ritenere la responsabilità spiegano i Giudici- del titolare dello studio medico professionale a titolo di concorso con l’autore era necessario dimostrare che questi conoscesse che nello studio veniva eseguiti interventi per cui necessitava una speciale abilitazione e che consentisse tali interventi. Peraltro, nella specie è stato accertato un unico episodio, per cui la prova cui si è fatto riferimento appare ancor più necessaria”.

Quindi se l’assistente o l’odontotecnico vengono scoperti a lavorare in uno studio odontoiatrico, al dentista titolare basterà dire che lo facevano a sua insaputa.

D'altronde c’è chi si è trovato proprietario di una casa a sua insaputa, figuriamoci se non può capitare che un’assistente decida in autonomia di effettuare una seduta di igiene orale ad una paziente dello studio senza dirlo al suo datore di lavoro.

Chissà se anche i soldi della parcella di quella prestazione sono finiti nelle tasche del dentista a sua insaputa?


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