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Le donne in odontoiatria crescono ma i problemi irrisolti dell’essere dentista in rosa sono ancora tanti
[venerdì 8 marzo 2013]

La professione odontoiatrica si sta colorando di rosa, come per quella di medico, anche se siamo lontani dal raggiungere il pareggio. Nel 1990 le donne iscritte all’Albo degli odontoiatri erano 2.842 oggi sono 14.300 e dal 2009 ad oggi il maggior numero di nuovi iscritti all’Albo degli odontoiatri sono donne. Nel 2009 erano 456 le nuove donne iscritte contro 354 maschi, nel 2010 furono 403 contro i 309, nel 2011 347 contro 320 mentre lo corso anno l’incremento delle dentiste iscritte è stato di 241 unità, 214 quello dei maschietti.

Ma il dato che indica, chiaramente, che il futuro della professione sarà tra qualche anno completamente in mano ai “camici rosa”  è notare che sotto i 29 anni praticamente in tutti gli Ordini provinciali le donne supero i maschi. Le uniche eccezioni l’Ordine di Benevento dove ci sono 28 iscritti maschi contro le 25 iscritte donne e quello di Reggio Calabria dove i maschi sono 69 e le donne 66. Pareggio invece per l’Ordine di Rieti, 15 iscritti under 29 sia per i maschi che per il gentil sesso. Sardegna e Puglia tra le regioni e Torino, Bari e Cagliari tra le grandi provincie dove il divario tra maschie  femmine è minore.

Al di là dei numeri essere dentista donna in un sistema professionale pensato, popolato e gestito dai maschi è molto difficile, difficile come per quasi tutte le altre professioni.

I problemi sono causati dalla difficoltà della donna di gestire contemporaneamente la famiglia e la propria vita professionale, forse anche per questo i diplomi post laurea sono prevalentemente maschili, difficile lavorare, studiare e gestire la famiglia.

Poi ci sono i problemi normativi e fiscali. Per una libera professionista non sono previsti particolari “sconti” in caso di mancato lavoro per malattie dei figli o per la gestione della famiglia, magari i genitori anziani.

“L’essere donna, l’essere mamma o il farsi carico della gestione di anziani o ammalati sono attività non considerate né negli gli studi di settore né nei criteri di redditualità”, ci diceva qualche tempo fa una dentista. “Non c’è un rigo, un correttivo, un codice o una nota dove mettere tutte le ore, i pensieri, le corse, le fatiche, le richieste, le frustrazioni, le angosce di cui la vita di ogni donna è piena. Ma non si tiene conto neanche del risvolto e del beneficio sociale che ogni  rinuncia di una donna riesce a determinare”.

E questi problemi si ripercuotono sul come le donne esercitano la professione, spesso come collaboratori visto che in prevalenza le donne preferiscono le collaborazioni o gli studi associati.

Una professione che sta virando al femminile necessiterebbe di una maggiore attenzione verso le loro problematiche, attenzione che sulla carta è espressa, visto che le principali associazioni di categoria degli odontoiatri hanno commissioni o specifici punti nei loro documenti congressuali, ma nella pratica non trova una sua espressione negli organi dirigenziali.

Tra i presidenti CAO solo quello di Teramo è donna, nell’esecutivo AIO ed ANDI non ci sono donne. Unica donna AIO nel gruppo dirigente nazionale la dott.ssa Segu che cura i rapporti con le associazioni degli igienisti, mentre sono 8 i presidenti donna di Sezioni provinciali ANDI e 2 quelle di Dipartimenti regionali.

Politica che probabilmente poco si concilia con la concretezza femminile (ed anche in questo caso con la vita familiare) che invece punta ai fatti e non alle inutili parole.

 


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