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Pubblicità sanitaria: per la CAO la sentenza della Cassazione non cambia nulla. I pareri di Renzo (CAO nazionale) e Sanvenero (CAO La Spezia)
[martedì 13 marzo 2012]

Quali saranno le conseguenze della sentenza della Cassazione attraverso la quale ha chiarito che in tema di pubblicità sanitaria le regole sono le stesse sia per gli studi professionali gestiti dal singolo professionista o quelli in mano alle società di capitale? Lo abbiamo chiesto al presidente nazionale CAO Giuseppe Renzo ed a Sandro Sanvenero, presidente dell’Albo degli odontoiatri di La Spezia, CAO provinciale che aveva sanzionato il direttore sanitario del centro Vitaldent. Provvedimento che ha dato il via a ricorsi vari che hanno portato al pronunciamento della Suprema Corte.

Dott. Renzo come commenta la sentenza della Cassazione che consente alle società di fare pubblicità sanitaria come per i liberi professionisti?

Dalla sentenza della Cassazione emergono quattro importanti chiarimenti:

1) Il direttore sanitario è sempre responsabile dei messaggi pubblicitari diffusi da parte della società “va preliminarmente chiarito che è estraneo alla controversia il tema dell’esercizio della professione in forma societaria (regolato in generale dalla lett. c) dello stesso art.2 della l.n. 248 del 2006), trattandosi di direttore sanitario di cliniche di proprietà di società di capitali, tenuto, ai sensi del codice deontologico (art. 69) a vigilare sulla correttezza del materiale informativo pubblicitario attinente alla organizzazione e alle prestazioni erogate dalla struttura”

2) Gli Ordini sono competenti e possono sanzionare disciplinarmente i sanitari responsabili di diffondere messaggi pubblicitari non veritieri e trasparenti “….ordini professionali hanno il potere di verifica, al fine dell’applicazione delle sanzioni disciplinari, della trasparenza e della veridicità del messaggio pubblicitario”

3) La valutazione della veridicità e correttezza dei messaggi pubblicitari deve essere fatta sulla base del Codice Deontologico, e non altro, che recita: “…la Commissione centrale, in applicazione del suddetto principio di diritto, dovrà giudicare se la pubblicità, posta in essere dalle due società, delle quali il dott….. era direttore sanitario, fosse o meno conforme a veridicità e correttezza sulla base del codice deontologico”

4) Non ci sono differenze tra i liberi professionisti e le società dal punto di vista della possibilità di effettuare pubblicità: “L’abrogazione generale contenuta nell’art.2 lett.b, della legge 248 del 2006, nella quale è sicuramente compresa l’abrogazione delle norme in materia di pubblicità sanitaria, di cui alla legge 175 del 1992, prescinde dalla natura (individuale, associativa, societaria) dei soggetti rispetto ai quali rileva l’esercizio della professione sanitaria…”

Dott. Renzo, dal punto di vista pratico cosa cambia dopo la sentenza?

Nulla rispetto al quadro generale di riferimento. Si sono determinati, nella fattispecie, elementi di chiarezza che contribuiremo a diffondere attraverso una lettura autentica del disposto, volta a fornire indicazioni puntuali per una corretta applicazione delle norme deontologiche nella divulgazione di messaggi pubblicitari da parte dei professionisti iscritti agli Albi odontoiatri. Nessuna forma di censura ma una puntuale prevenzione a tutela dei diritti dei pazienti. La sentenza rafforza il ruolo e le responsabilità dell'Ordine: ne viene riconosciuta l'impostazione assunta e difesa in giudizio, mentre contestualmente viene a smentirsi una chiave di lettura parziale, mercantile e fuori dal contesto etico-deontologico. 

Dott. Sanvenero si aspettava che la Cassazione si esprimesse in questi termini?

L'annullamento era risposta probabile nel caso in cui, come è stato, la Cassazione ritenesse che la norma abrogativa generale del Decreto Bersani si applicasse anche alle società di capitali. Il fatto che abbia annullato con rinvio (alla CCEPS) e abbia compensato le spese di giudizio è una chiara indicazione dell'orientamento giurisprudenziale ben indicato negli altri aspetti della sentenza.

Dott. Sanvenero la sentenza rende più difficile il controllo da parte dell'Ordine del comportamento dell'iscritto in merito alla pubblicità in ambito sanitario?

Assolutamente no, è esattamente il contrario. Infatti è stato stabilito che gli Ordini sono competenti e possono sanzionare disciplinarmente (cosa che era stata messa in discussione da alcuni anche alla luce della sentenza del TAR dell'Emilia Romagna), che nel valutare la veridicità, trasparenza e correttezza del messaggio pubblicitario ci si deve basare su parametri oggettivi sulla base del Codice Deontologico (e non su altro, come ritenuto da alcuni) e infine, per quanto riguarda le società, il direttore sanitario è sempre imputabile (cosa anche questa messa in discussione da alcuni).


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